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Nel golfo della molteplicità potenziale

 
 INTRODUZIONE ALLA CURARTE

Nel processo di CurArte l'artista da educatore della materia si fa educatore del disagio che attanaglia il soggetto della cura.

Non per governarlo secondo finalità prestabilite, secondo protocolli, ma per accompa- gnarlo a trasformarsi in elemento espressivo anziché depressivo, per tras-formarsi in ciò che non è, ma che potrebbe essere; in ciò che non è, ma avrebbe potuto essere: quella zona dell’ipotetico, quel “golfo della molteplicità potenziale” (lo definirebbe Italo Calvino), che è indispensabile per qualsiasi forma di conoscenza ed è fonte fondamentale lungo il cammino della tras-formazione, del cambiamento costruttivo, della cura e dell’ascensione al ben-essere.

Utilizzando i linguaggi e le metodologie dell’arte e i suoi molteplici strumenti, le persone coinvolte nei percorsi di CurArte, sono dunque accompagnate a intraprendere un viaggio di trasformazione che porta dalla materia informe, all'Opera della Cura: la trasformazione del «memoma» (del “genoma simbolico”), testimone del cambiamento.

Si tratta di percorsi che interrogano i partecipanti coinvolgendoli in un atto ri-creativo di sé per il superamento del loro malessere; percorsi in cui ognuno si fa autore e, al contempo, materia stessa dell’Opera che va realizzando, in una continua ridefinizione creativa del proprio eventuale disagio.

Obiettivo di “CurArte” è -ovviamente- accompagnare il soggetto in difficoltà al superamento del problema che lo affligge, trattando l’intervento stesso come appuntito strumento artistico, sollecitando l’emersione di materia immaginale; interrogando la polisemia dei simboli evocati ed evocabili; reclamando, in ultima analisi, il primato delle strutture profonde e inconsce sul soggetto cosciente -senza, per altro, dover migrare nelle paludi fin troppo esacerbate della psicologizzazione.

Un processo che trova il suo centro ermeneutico nella complessità e nella ricchezza dei mondi inaspettati che è in grado di generare, universi cui sono legate indissolubilmente quelle dimensioni esistenziali, percettive, rappresentative, culturali, linguistiche che, emergendo in situazione, permettono un’elaborazione creativa del disagio, del malessere e delle possibili problematiche sottese, ma anche e soprattutto delle possibili e infinite risorse disponibili.

Uno spazio in cui è data la possibilità di “dire” e di “dire” in profondità, di aprire quell’anfratto intimo e non alienato che spesso è negato dalla pragmatica della vita quotidiana. Un “dire” che utilizza tutte le possibilità espressive e che, provocato ad uscire dal linguaggio ordinario e ordinato, si propaga con uno sviluppo ramificato di cui la complessità e la metamorfosi costituiscono la natura scompensante, lo iato che, posto al vaglio del raziocinio, darà adito, poi, alla comprensione e alla ridefinizione personale dei nuovi codici emersi.

Si instaura, quindi, un processo inverso rispetto ai più tradizionali interventi terapeutici che tendono ad anticipare il capire all'agire. Nei percorsi di CurArte l’agire, invece, precede il capire e, anzi, spesso è la strada maestra che porta velocemente a una consapevolezza che altrimenti richiederebbe anni di lavoro, come spesso denunciano le persone che si rivolgono a noi.